Cos'è la poesia per me? Mi soffermo sulla risposta, tante immagini si incrociano davanti a me. Dovrei, posso, prendere una di queste farfalle, stringere il mio palmo intorno ad essa e vedere se posso trovare una risposta prima che batta di nuovo le ali?
Cos'è la poesia per me? Rifletto sulla risposta, pur sapendo che cambia continuamente. Una risposta è che la poesia è qualcosa che si sgretola facilmente. Si può sentire il suo fruscio nelle foglie. O nelle onde del mare. Essere in grado di ascoltarle, in mezzo alla vita prosaica e frenetica sedendosi tranquillamente davanti a una pagina bianca e scrivere, è poesia per me. Ascoltarle, le loro differenze, sapendo che il loro fruscio è una specie di mormorio del cuore, e che ti dice qualcosa di valore, è poesia. Il tentativo di catturare questa essenza con parole scarne, che ancora riecheggiano i loro suoni, è poesia per me.
La poesia è incapacità, assenza. È lasciare che il vuoto sia. Anche quello alla fine di questa riga.
È ciò che è emerso quando non ho potuto rispondere alla sopraffazione, al non detto, all'intollerabile, all'incontenibile, allo straripamento, anche della beatitudine. La poesia è più che una forma di sollievo. La poesia è grazia.
E voglio dirvi, voglio che sappiate, che sono una persona che continua a scrivere sul vecchio banco di scuola di suo padre. Non importa quanto sia piccola, o non progettata per i computer. Non importa che io abbia avuto bisogno di un paio di momenti per risistemarla con i miei quaderni, dato che all'inizio scrivevo a mano, con una penna che per caso era viola. Poi il suo inchiostro si è esaurito e sono passata a un'altra, una nera, e sembra che anche questa stia per esaurirsi, quindi la sto per cambiare di nuovo, eppure continuo a scrivere. E questa è poesia per me, se scelgo, prima che raggiunga la pagina o la consapevolezza. Perché la poesia per me è un atto di creare significato trovando similitudini, trovando colore e pienezza, conservati nel trasparente, lucido barattolo del linguaggio.
Cos'è la poesia per me? Devo sforzarmi di rispondere? Anche la domanda stessa forse sta cambiando. Forse è: cosa sono io per la poesia? Un vassallo? Protagonista? Relatore? Cantante? Un pianista alla tastiera? O dovrei riformulare allora: chi sono io per la poesia? L'io che ora è passato dal suo studio al tavolo della cucina la sera per evitare lo schermo di quel computer che in qualche modo si adatta alla scrivania dell'infanzia di suo padre, anche quando gli sta stretto con gli appunti accanto. È inverno, anche se mite, in Israele sta appena iniziando ad allentarsi una terza quarantena. Il paesaggio non è cambiato molto davanti ai miei occhi nell'ultimo anno. Eppure la poesia è qui. A volte sta cambiando il mio paesaggio. La poesia per me è ciò che scrivo nel cuore della notte (e il "cuore" qui è intenzionale), senza sapere se qualcuno, a parte me, la conserverà. Incluso, anche, il 'me' per cui questa poesia sembra essere. Quindi la poesia è qualcosa che si sgretola facilmente, però ti permette di aggrappartici.
O forse non so cosa sia la poesia per me. O non voglio saperlo, al momento. Ma so che c'è. So che c'è stata per me molte volte. In molte occasioni cruciali. Lo stesso che sapere che c'è una luce da qualche parte quando tutto sembra completamente buio.
Gili Haimovich
Traduzione di Valeria Citterio, revisione di Laura Garavaglia
Gili Haimovich
È poetessa e traduttrice bilingue (ebraico – inglese). Ha pubblicato sei raccolte di poesie in ebraico e una scelta di poesie scritte originariamente in inglese, Living on a Blank Page uscita in due diverse edizioni. La sua poesia è stata pubblicata a livello internazionale in numerose riviste e antologie, come Poetry International, International Poetry Review, Asymptote, Drain Magazine, LRC – Literary Review of Canada, Blue Lyra, Circumference, Poetry Repair, Lilith ed altre. Le sue poesie sono pubblicate anche su molte riviste e antologie in Israele come The Most Beautiful Poems in Hebrew (Yedioth Ahronot Books, 2013). Le sue poesie sono state tradotte in svariate lingue come il francese, il cinese, il bengalese e il rumeno.
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