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La casa della poesia

16.03.24 | Presentazione del libro di poesie “Percezioni Comasche” Come Como e il suo lago: la poesia

Aggiornamento: 5 giorni fa



SABATO 16 MARZO ore 18

The Art Company, Via Borgovico 163 (cortile interno)


Presentazione del libro di poesie “Percezioni Comasche” Come Como e il suo lago: la poesia di Dante Maffia, IQdB, 2024.

Dialogano con l’autore Vincenzo Guarracino, critico letterario e poeta e Laura Garavaglia, presidente de La Casa della Poesia di Como ODV.



"Queste poesie sono un significativo omaggio di Dante Maffia a Como e al Lario: il poeta ha saputo individuare momenti di alta poesia vivendo la città, naturalmente a suo modo, vivendo il Lago (adopero la maiuscola come fa lui) fuori dagli stereotipi, a volte perfino in una sorta di sogno surreale, sempre acceso da scintille liriche efficaci e suggestive. (…) Il lettore scoprirà in questo libro una Como e un Lago che hanno voci suadenti non perché siano semplicemente scenario e paesaggio ricco, piuttosto perché Maffìa ha saputo individuare aspetti sconosciuti e direi invisibili per molte ragioni. La passione per Como la si sente vibrare con evidenza in ognuno dei versi che a volte sono vere e proprie pennellate, quadri indelebili che coagulano gli umori della città e del Lago e ne fanno un teatro affascinante. (…)Questa raccolta è una passeggiata difficile da dimenticare una volta compiuta. Si tratta di una passeggiata calda, viva, dove la semplicità ha il maggiore peso, dove la trasparenza del dettato poetico è utilizzata come uno specchio che rifrange e sconvolge le immagini ritagliandole in una nuova dimensione in cui l’essenzialità s’innesta prepotentemente alle ragioni dell’anima, del cuore, della cultura e dell’invenzione. Un vero e proprio lago di poesia."

 

Dalla prefazione di Laura Garavaglia


Recensione

a cura di Vincenzo Guarracino


“L’acqua del lago / ha l’anima dolce e comprensiva / se l’uomo sa goderla, / se chi la solca ha parole che aprono / verso la metamorfosi del senso”.

Si fissa qui, in questa constatazione, la verità del singolare periplo poetico di Dante Maffia, in un libro i cui intenti dichiarati appaiono chiari fin dal titolo Percezioni comasche: che, cioè, si tratta di un periplo che è un non dissimulato contatto col fascino esercitato da un paesaggio, quale è quello del lago di Como, amato e celebrato da poeti e artisti di ogni epoca e cultura, che, a partire da Virgilio e passando via via per Paolo Diacono, Giovanni Berchet, Vincenzo Cardarelli, Roberto Sanesi, per citarne solo alcuni, fino ai nostri giorni, hanno fatto a gara a celebrarne la maliosa bellezza. 

Poteva mancare dal novero Maffia che, “valanga umana e poetica”, come lo definisce in prefazione Laura Garavaglia per la sua generosa e travolgente versatilità, non si è mai sottratto al cimento con massimi e minimi e che anzi dichiara e proclama qui spavaldamente l’ambizione di “diventare mito”, non meno di altri grandissimi del passato più o meno recente, che a una simile impresa si sono accinti? È detto a chiare lettere esplicitamente in un testo intitolato per l’appunto “Miti”: “Foscolo, Pirandello…/ Provar non nuoce / Perché non devo provarci ad accodarmi / per diventare mito anch’io…?”.

Eccolo, dunque, pronto a pronunciare la sua dichiarazione d’amore, modulandola come solo lui sa fare, nei confronti di Como e del suo Lago, luoghi frequentati nel tempo, fin dai banchi di scuola (“pensavo a Como / come una bolla d’acqua / con case d’acqua, /…/e gli uomini intenti a navigare / rincorrendo Ulisse…”), con la fantasia dapprima e poi direttamente da adulto, con incontri e sodalizi non soltanto poetici, fino ad oggi, e che qui, in modi molteplici e avvincenti, ne modula incanti e suggestioni, in cento e più modi, con parole volte a coglierne il “senso”, attraverso “percezioni” e “metamorfosi”, nelle pieghe di eventi, paesaggi e persone. 

“Percezioni” restituite attraverso forme, di volta in volta, elegiache, suadenti o ammiccanti, e perfino ironicamente giocose: sempre comunque “in una sorta di sogno surreale”, giusto quanto sottolinea Laura Garavaglia. 

È in questa chiave che scorrono dinanzi ai nostri occhi immagini e ricordi, bellezze ammirate e reali, o soltanto desiderate (“Como che sente / i brividi dell’acqua / come carezze, // e la dolcezza / infinita dei colli”) e ricordi di donne (“Elena lavora al Metropole & Suisse, / Conosce i segreti più intimi di ogni ospite /…/ La sua voce ha echi lontani, come promesse di nuove primavere, / come fossero versi dispersi d’Eminescu. // Sì, è rumena. /…/Se avessi avuto trent’anni di meno / avrei azzardato una parola d’amore”), oltre che presenze complici e amichevoli di poeti (in particolare, Pietro Berra e la stessa Laura Garavaglia).

Fino al punto di inventarsi, per celebrare del paesaggio lacustre le meraviglie nelle diverse stagioni dell’anno, nella maniera più originale possibile, come in un trecentesco sirventese, una forma allusivamente denominata “strofa màffica”, giocando sull’assonanza del suo cognome con l’antica e classicissima strofa saffica (dal nome della poetessa greca Saffo), con una singolare variante rispetto alla struttura originaria in quattro versi, costituita da tre endecasillabi più un quinario (detto adonio). La variante consiste nel fatto di eleggere il verso conclusivo, il quinario, a verso principe delle proprie strofe “màffiche”, composte di sei quinari, di versi cioè di cinque sillabe, più un endecasillabo (gareggiando, detto per inciso, con l’irlandese monaco Colombano, 1543-615, che tale struttura di versetti “di due piedi” per primo sperimentò). Una prova superba di capacità versificatoria, dunque, per di più non priva di luminosi brividi poetici: ricca, insomma, di “multis luminibus ingenii”, oltre che anche di “multae artis”, per dirla con Cicerone, convinto araldo dell’arte di Lucrezio.




 

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