Io però volevo andare oltre parlando del valore che a tutti gli effetti ha un libro di poesia, e per fare questo scelgo una metafora particolare, forse un po’ strana per chi mi sta leggendo, ma interessante per il suo significato. Volevo prendere come esempio un vecchio film di fantascienza che s’intitola “Il mio nemico” del regista Wolfgang Petersen e tratto dal libro “Enemy Mine” di Barry Longyear. In questo lungometraggio i terrestri si contendono una parte dell’universo con una razza aliena e durante una battaglia interstellare, due navicelle guidate appunto da un terrestre e un alieno, nell’inseguirsi si danneggiano a vicenda e devono atterrare sopra un pianeta sconosciuto, in cui una natura molto pericolosa rischia di ucciderli. Di conseguenza i due protagonisti sono costretti loro malgrado a cooperare per poter sopravvivere, e così facendo finiscono per stringere amicizia condividendo il sapere delle loro razze. L’alieno in questo caso è raffigurato come un essere ermafrodita che si riproduce per partenogenesi, e nella concitazione degli eventi, inavvertitamente, s’ingravida, inoltre, per le ferite subite in questo ambiente ostile, lui stesso capisce che non sopravvivrà al parto. Allora, rivolgendosi al terrestre, si fa promettere che crescerà suo figlio come uno della sua razza portandolo poi nel suo pianeta per evitare che diventi uno schiavo, ma soprattutto, la cosa più importante, deve fargli imparare la lista dei suoi antenati perché è ritenuta la base della loro cultura. Il terrestre tiene fede alla promessa e dopo tutta una serie di dinamiche tipicamente cinematografiche riesce a portare il figlio dell’alieno nel suo mondo originario. Il film finirà con la figura del piccolo, il quale, inserirà nella lista dei suoi antenati, anche il nome del terrestre.
Perché vi ho parlato di questo? Perché noi ci siamo dimenticati dei nostri antenati: forse arriviamo in qualche caso ai nomi dei nostri bisnonni, ma se passiamo ai trisnonni nessuno di noi se li ricorderà, eppure, nella loro vita, magari hanno fatto qualcosa d’importante. Ecco che a questo punto subentra la poesia, perché tutti quelli che pubblicheranno un libro saranno sempre ricordati dalle future generazioni come una traccia importante della loro presenza, così come le opere degli artisti del passato.
Scrivere è un’arte essenziale che rimarrà inalterata nel tempo e conserverà la nostra memoria senza disperderla nelle concitazioni del presente. Ecco, la poesia è la nostra storia, la nostra immagine, la nostra essenza che ci ricongiunge al dono della parola e alla nostra civiltà, anche per dare una risposta alle classiche domande nel chiederci chi siamo e da dove veniamo, perché dove andremo non lo sappiamo ancora. Una cosa è certa: la poesia ci accompagnerà sempre come parte stessa della nostra vita. Emily Dickinson diceva: “…Non conosco nulla al mondo che abbia tanto potere quanto la parola. A volte ne scrivo una, e la guardo, fino a quando non comincia a splendere…”
Antonio Bianchetti
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