Una prova coraggiosa quella della giovane Alessandra Merico, autrice del libro “Contro Venere” (I Quaderni del Bardo, 2017). Una narrazione in versi che rappresenta “un doppio viaggio epico e lirico”, come ha sottolineato Davide Rondoni nella prefazione.
“Il racconto di una guerra”: è Merico stessa a definire il tema dominante in questo suo libro. La guerra affonda le radici nell’odio, sentimento estremo, come estremo è l’amore, di cui l’odio rappresenta da sempre il lato oscuro. Amore che indossa la maschera stravolta della passione, avventura inscindibile dal rischio; amore che sconfina appunto nell’aggressività e nell’odio quando la persona amata sembra essere l’unica possibilità di realizzare se stessi, rendendoci schiavi e vulnerabili al punto da temere che ci distrugga. È il corpo a soffrire insieme all’anima il connubio dell’odi et amo nei versi della poetessa. Versi che sono lame affilate, che penetrano tagliando e lacerando, senza concedere tregua ai combattenti, vincitori e vinti. Ed è soprattutto il corpo della donna a soffrire, penetrato, lacerato, inseminato per generare, con dolore, la vita. E allora ecco il riscattarsi attraverso la vendetta: se Arianna è tradita da Teseo, è Clorinda a riscattare la figura femminile nel segno della vendetta. La fiera guerriera che l’autrice ci presenta in fin di vita, uccisa da Tancredi che, pur amandola, non la riconosce sotto l’armatura, finge di perdonarlo, meditando in realtà di ucciderlo nell’aldilà, e riserva così al suo inconsapevole carnefice una morte ben più atroce di quella del corpo, che è la morte dell’anima. Merico non concede sconti, né a se stessa, né al lettore: sa che la vita è un viaggio che dobbiamo intraprendere e durante il quale attraversiamo e siamo attraversati da mille contraddizioni, sentimenti opposti, esperienze che marchiano a fuoco carne e spirito. Un viaggio che ci costringe a combattere continuamente guerre contro noi stessi e gli altri, perché il male e il bene sono due facce della stessa medaglia e sono insiti nella natura umana. L’autrice ce lo ricorda con toni epici e lirici che prorompono in improvvisi lampi visionari, parole che sembrano esplodere in grida. Ma se nella parte finale del libro assistiamo all’uccisione della luce di Venere, terribile vendetta che la donna può architettare contro l’uomo, perché è uccidere amore e bellezza, negli ultimi, bellissimi versi l’autrice lascia uno spiraglio di speranza: “Bastasse un bacio/ad unire i mondi/convertire in credo/ gli infedeli cuori”.
Laura Garavaglia