Leggendo, come spesso mi accade, la newsletter di Poesia 2.0, mi sono imbattuta in un articolo intitolato “Memoriale della lingua italiana”, del quale era possibile scaricare il pdf. Una volta apertolo, incuriosita da questa idea di ricordo ordinato del nostro sistema linguistico, per il sempre attivo e meraviglioso fenomeno della serendepity, ho trovato un’affascinante raccolta di poesie che sembra una scrittura teatrale, un’opera che parla di attori, di recite, di persone ma che non cessa, neanche per un attimo, di essere poesia.
Una poesia cruda e immediata, che dà disposizioni, che descrive e incide, in maniera dattilografica, sensazioni in forma di verità incontestabili: sul palco l’urlo è simulato/ e il palco è tutto pane, e il pane è tutto/ bianco, e il pane è TUTTO.
C’è il gioco di parole, che è il gioco della vita, e c’è la durezza della consapevolezza, senza sconti, a tratti cosparsa distrattamente dallo zucchero a velo della nostalgia che non esime, però, dalla presa di coscienza e dalla riflessione emotivamente scatenata.
Pubblicata per il non-marchio di Lotta di Classico, la raccolta riprende nel titolo la dicitura con cui era chiamato un antico vocabolario seicentesco, a indicare l’ineluttabilità della lontananza temporale e spaziale tra gli eventi e i soggetti che li abitano, le regole che li muovono e i significati valoriali con cui si confrontano e che mutano in continuazione lo stato dell’essere e delle cose; Ma il dolore nuovo c’è e non c’è/oggi la bocca di fuoco che consola: il Sole; e sei/barocco, un po’: chi cade.
L’autore è Massimo Sannelli, un sagittario nervoso –così si definisce, prima ancora che dirsi attore, teatrante, scrittore, poeta-. Eppure Sannelli riesce a essere, in maniera ibrida più che poliedrica, tutto questo insieme, nell’aspirazione maledetta e volubile verso la completezza, forse non raggiungibile, ma intravedibile nella commistione delle arti, perché “tutto è in tutto”, o almeno così piace credere ai cuori e alle menti sofisticate e intelligenti, come quelle dell’autore.
Ad accompagnare le poesie è una costante frenesia agitata che trova compostezza solo nella forma della parola, che attraversa senza tregua il registro aulico e quello basso per avere, anche sul piano linguistico, quell’interezza tanto agognata, impossibile e quindi infinitamente desiderabile.
Una poesia viva, che smuove e allora utile, indispensabile. Il calore della freddezza della ricerca estenuante. Un Sannelli da leggere, con goduria e tatto.
C’è il compimento, mani sulle dita…; la stanza
è bianca e una cosa è inaudita: toccare, toccarti … Se resta una ferita
si vede: è la preferita. Il memoriale della lingua italiana
non parla bene. Io conosco
che la caduta è nuda e idiota e ora
c’è la rincorsa al nuovo: è troppo bella.